Processo al Liceo Classico
“Il nostro liceo: cambiare per non morire? Un’azione teatrale in forma di processo”
(a cura del Ministero della Istruzione, della Università e della Ricerca - Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale e della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, in collaborazione con Università degli Studi di Torino – Dipartimento di Studi Umanistici, dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte del MIUR, della Società Editrice Il Mulino, con la partecipazione di Licei di Torino, Ivrea, Novara, Oulx, Vercelli, Chieri, Chivasso, Cuneo, Alessandria e Pinerolo)
Sentenza
(con sintetica motivazione contestuale) pronunciata in :
Torino – Teatro Carignano, in data 14 novembre 2014, ore 15.30
IN NOME DELLA CULTURA ITALIANA
La Corte, costituita da:
- Armando SPATARO, Procuratore della Repubblica di Torino (Presidente);
- Marco CANTALMESSA, Presidente dell’ Incubatore I3P, Politecnico di Torino;
- Gian Arturo FERRARI, Editorialista;
- Luca REMMERT, Presidente della Compagnia di San Paolo;
- Sergio RODA, Università degli Studi di Torino
Valendosi di Alberto SINIGAGLIA, Pres.te Ordine Giornalisti del Piemonte (quale “narratore”) e Letizia TORTELLO, giornalista de La Stampa (quale cancelliere addetta alla redazione del verbale d’udienza);
nel procedimento a carico del:
LICEO CLASSICO ITALIANO
IMPUTATO
DEI SEGUENTI REATI
(come da formulazione del PM) :
A) INGANNO:
Il liceo classico inganna gli studenti che lo scelgono sperando in questo modo di acquisire strumenti migliori per avere successo nelle professioni scientifiche;
B) INEFFICIENZA:
Chi intraprende studi esclusivamente umanistici (soprattutto lingua morte) rischia di avere una cognizione parziale, e quindi distorta, della realtà. Idem, all’opposto, chi intraprende studi esclusivamente scientifici o tecnici. Per crescere, il Paese ha bisogno di scuole “à la carte”, non “a menu fisso”;
C) INIQUITA’:
Il liceo classico è figlio di Gentile e della cosiddetta “più fascista delle riforme”. Una riforma che aveva uno scopo molto chiaro e iniquo: creare una scuola di élite che fosse in grado di ridurre la mobilità sociale e di impedire alle classi svantaggiate l’accesso alle posizioni dominanti;
reati commessi in Italia, con condotte tuttora permanenti;
sentiti i seguenti testimoni, in esame e controesame: Marco MALVALDI (scrittore), Luciano CANFORA (filologo classico, Univ. “A. Moro” di Bari), Stefano MARMI (Matematico, Scuola Normale Superiore di Pisa), Ivano DIONIGI (Latinista, Rettore Univ. di Bologna), Gabriele LOLLI (logico e filosofo della matematica, Scuola Normale Superiore di Pisa), Adolfo SCOTTO DI LUZIO (studioso delle istituzioni scolastiche, Univ. di Bergamo);
sentiti i contributi in videointerviste di : Michele BOLDRIN (economista, Washington University St. Louis), Massimo CACCIARI (filosofo), Massimo GILETTI (ex allievo de liceo classico “M. D’Azeglio” di Torino), e Giulio GIORELLO (filosofo della scienza);
sentiti i contributi e le riflessioni di professori e studenti di vari Licei classici e scientifici del Piemonte;
acquisiti i documenti statistici prodotti dall’Accusa;
sentiti il Pubblico Ministero Andrea ICHINO (Economista) ed il difensore di fiducia Umberto ECO (semiologo, filosofo e scrittore);
osserva quanto segue.
Premessa
Oggetto dell’accusa (e, quindi, del processo) è sostanzialmente il tema della persistente validità - o meno – nell’epoca moderna del liceo classico e del tipo di insegnamento che lo caratterizza. Il miglioramento possibile del relativo sistema, invece, pur potendo costituire argomento di riflessione (di cui pure brevemente si dirà in questa sentenza), non riguarda il verdetto della Corte: la “giustizia penale”, infatti, interviene per definizione sul passato e riguarda, quindi, illeciti già consumati.
Quanto al Capo “A”, la Corte ritiene che il liceo classico non inganna.
Sintesi della motivazione :
Quanto al Capo “B”, la Corte ritiene che il liceo classico non produce affatto inefficienza e che il programma di scuole “à la carte” menzionato nel capo d’accusa non può essere oggetto di addebito, né lo è in relazione al processo celebrato in quanto costituisce, semmai, prospettiva di eventuale futura riforma, i cui possibili effetti dovrebbero essere preventivamente valutati, non apparendo sufficiente che tale sistema sia già adottato da Università straniere.
Sintesi della motivazione :
Quanto al Capo “C”, la Corte ritiene che il liceo classico, come attualmente operante in Italia, non possa assolutamente considerarsi figlio di una cultura e di una riforma fascista.
Sintesi della motivazione :
Conclusioni ulteriori:
In definitiva, e compatibilmente con la sintesi qui necessaria, la Corte ritiene che il liceo classico non possa affatto ritenersi inidoneo ad offrire agli studenti “strumenti analitici adeguati per affrontare i problemi di una società moderna e per sfruttare pienamente le opportunità che essa offre” e ritiene pure ingiustificata l’ipotesi che esso “abbia contribuito a ridurre la mobilità sociale e ad aumentare il vantaggio dei figli delle famiglie culturalmente ed economicamente avvantaggiate” (testi sostenute dall’Accusa). Il Liceo classico e gli studi umanistici, invece, alimentano virtuosamente e con forza il diffuso bisogno di cultura e conoscenza (anche della storia che – come affermato dal teste CANFORA – è “tutta contemporanea”) indispensabile per il progresso sociale e persino per contrastare derive delinquenziali. Investire in cultura, infatti, significa favorire il rispetto delle regole – a partire dai principi costituzionali - e contrastare fenomeni di devianza di ogni tipo e livello. Naturalmente, al raggiungimento di tali obiettivi contribuiscono anche le scuole di indirizzo diverso da quello classico-umanistico, ma non si ritiene di dover approfondire l’argomento poiché in questo processo (come in altri simili) imputato è – sempre e comunque - solo il liceo classico, la cui assoluta innocenza rispetto alle accuse contestate (ormai troppo spesso seriali) appare evidente.
PQM
Visto l’art. 530 cpp;
la Corte
assolve il liceo classico dal capo A e dal capo B perché il fatto non sussiste e dal capo C perché il fatto non costituisce reato.
Manda gli atti al PM perché promuova indagini preliminari in ordine ad eventuali responsabilità per i fatti di cui al punto B-3 e per mancata o distorta opera riformatrice della scuola italiana di chi ha avuto negli anni responsabilità di governo, fermi restando i limiti imposti dall’estinzione per prescrizione di reati risalenti nel tempo.
La decisione è stata assunta all’unanimità dalla Corte composta da Armando SPATARO, Marco CANTALMESSA, Gian Arturo FERRARI, Luca REMMERT e Sergio RODA.
Si autorizza la eventuale pubblicazione sui quotidiani e siti web nazionali .
Torino, 14 novembre 2014
(Seguono firme dei componenti della Corte)